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venerdì 31 marzo 2017

Speciale: Delizie col Pesce!...



Seppie e Piselli
Per 4 persone

800 gr di seppie pulite dell’osso, della sacca nera e quella gialla, ½ kg di piselli sgranati, una costola di sedano, 1 carota, un bicchiere di vino bianco secco, 1 spicchio d’aglio, ½ kg di polpa di pomodoro, una cipolla, prezzemolo, olio, sale.

Lavate accuratamente le seppie, tagliate il ciuffo di tentacoli appena sopra gli occhi. Togliete il piccolo becco che si trova al centro dei tentacoli.
Tagliate a dadini la carota, il sedano, la cipolla e fateli soffriggere in una padella con l’olio. Appena le verdure saranno appassite aggiungetevi lo spicchio d’aglio.
Tagliate le seppie a pezzetti con le forbici e unitele alle verdure. Dopo pochi minuti aggiungete il vino bianco, la polpa di pomodoro, salate e pepate. Fate cuocere a fuoco moderato per ½ ora. Se necessario aggiungere un po’ d’acqua calda. Aggiungere i piselli e far cuocere il tutto fino a che i piselli siano teneri. Aggiustate di sale e cospargete di prezzemolo tritato. Servite caldo.

Piatti Unico di Sgombri all’agro su Insalata di Verdure
Per 6 persone

300 gr di filetti di sgombro, 400 gr di cavolfiore verde, 1 cespo di scarola riccia, 1 cespo di lattuga,2 peperoni rossi sott’aceto, 150 gr di sottaceti (giardiniera) 100 gr di capperi, 100 gr di olive di Gaeta disossate, 4 acciughe sotto sale, 4 friselle di pane, aceto di vino bianco, vino bianco secco, succo di limone, olio evo, sale pepe.

Pulire la verdura. In acqua salata e acidulata far bollire il cavolo per 10 minuti. Dopo averla lavata, scolata e asciugata, l’insalata sfogliarla e ridurla a pezzettini.
Mettere tutto in una grande insalatiera.
Unire le acciughe diliscate e ridotte a pezzettini, con le olive, i capperi, i sottaceti, i peperoni sempre tutto a pezzettini. Condire il tutto con sale olio e aceto prima mescolato in una ciotolina. Mescolare accuratamente il tutto con molta delicatezza. Mettere a mollo le friselle con 100 ml circa di vino bianco e 40 ml di aceto.
Quando saranno ammorbidite, sbriciolarle in pezzi non molto piccoli e unirli nell’insalatiera, mescolando il tutto. (se non bastasse il liquido per l’ammollo, aumentare la quantità di vino e acqua sempre nelle proporzioni indicate).
Portare a bollore dell’acqua salata in una casseruola con l’aggiunta di un pizzico di sale e due foglie di alloro e far cuocere a vapore i filetti di sgombro, prima lavati e appoggiati su poche foglioline di prezzemolo, per 5 minuti dal bollore. Prelevare delicatamente i filetti e adagiarli sulla superficie dell’insalata preparata in bellavista, condendoli con qualche goccia di olio e limone mescolati. Una delizia!

Capesante Gratinate con pomodorini
Per 4 persone

12 capesante, 12 pomodori ciliegia, 6 fette di pancarrè, 50 gr di parmigiano grattato, vino bianco, prezzemolo, basilico, 1 spicchio d’aglio, olio, sale e pepe. Per accompagnare patatine al forno

Aprite le capesante tenendo la conchiglia con un canovaccio e facendo leva con un coltellino tra le due valve.
Staccate il mollusco, eliminate la parte frastagliata, separate la parte bianca (le noci) dalla parte arancione (i coralli). Sciacquate accuratamente sotto l’acqua corrente. Tagliate a fettine le parti bianche e passatele in padella con 3 cucchiai d’olio per 3 minuti. Unite i coralli e bagnate con ½ bicchiere di vino bianco. Salate, pepate e fate evaporare il liquido a fuoco veloce.
Togliete la crosta al pancarrè, rompetelo a pezzi, mettetelo nel mixer, insieme all’aglio, a un ciuffo di prezzemolo e basilico, mondati e lavati.
Mettete il trito in una scodella, unite il parmigiano grattato e un po’ di sale e pepe. Lavate 8 conchiglie concave e spennellate il loro interno con olio e ricopritele con parte del trito preparato.
In ognuna mettete i pomodorini che avrete lavato e tagliato a fettine e le capesante. Coprite tutte con il trito rimasto e condite con un filo d’olio.
Appoggiate le capesante su una placca del forno, foderata da carta da forno, e cuocetele in forno preriscaldato a 250° per 5 minuti. Servite subito, caldissime, accompagnate da patatine al forno.

Lo Sapevate Che: Le gang del Salvador e un certo tipo di giornalismo...



Il Titolo Del New York Times mi fa sobbalzare “Un’area di Long Island è terrorizzata dalle gang salvadoregne”. La storia è terribile. Protagonista è una banda criminale che la polizia ha choamatoMS-13 per il numero dei suoi capi adulti; ci sono anche tanti minorenni. Di una ferocia spietata, impone la sua legge mafiosa e non esita ad uccidere. La squadra speciale anti-gang ha arrestato alcuni assassini, altri restano in libertà. Tutto questo accade in una zona di quella lunga penisola a Nordest di New York, resa celebre dal romanzo Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, perché East Egg con la favolosa villa di Gatsby è sulla punta settentrionale di Long Island. Un altro scrittore che la frequentò fu il Premio Nobel Sinlair Lewis. Anche gli Hamptons – la Portofino dei ricchi newyorchesi – sono un pezzo si Long Island. L’articolo del New York Times fin dalle prime righe precisa che tra i capi della gang “dieci su tredici sono immigrati senza permesso di soggiorno”. Quasi sempre lo sono anche le loro vittime. Il quotidiano descrive un pezzo di El Salvador trapiantato alle porte di Manhattan, una no man’s land dove non c’è lo Stato di diritto bensì una jungla di racker, estorzioni, violenze quotidiane. Altro shock per me. Le ragioni del mio sconcerto sono numerose. Non ero mai stato in quell’angolo di Long Island, anche se ho perlustrato altre zone degradate e povere della grande New York, dove la sicurezza non è garantita (East Harlem, Staten Island, qualche pezzo di Bronx e di Brooklyn). Ma soprattutto la mia sorpresa riguarda il New York Times. Mi ero abituato a leggere sul nostro giornale cittadino una narrazione diversa: il costante calo della criminalità. Che prosegue da decenni e nell’insieme ha reso la grande Mela molto più sicura di quando la frequentavo da ragazzo. È una realtà che il New York Times spesso sottolinea in chiave polemica, contro il catastrofismo di Donald Trump che descrive le città americane come teatri di guerra e adora il termine carnage, carneficina. Altro shock da lettore: non ricordavo da tempo un titolo di giornale così esplicito nel rivelare l’identità etnica dei criminali. Quando lasciai l’Italia nel passaggio del millennio, e mi trasferii a vivere in California, notai subito la differenza: mentre sui media italiani era consuetudine precisare se il rapinatore era albanese o zingaro, la stampa americana, soprattutto se libera, nella sua cronaca nera stendeva un rigoroso silenzio sul colore della pelle o sull’origine nazionale. Di colpo il giornale più anti-Trump che ci sia, il New York Times, si adatta ai tempi e rinuncia al politicamente corretto? Per la verità quell’articolo sulle gang salvadoregne include una critica a Trump, espressa dalla stessa polizia di Long Island: gli agenti citati dal reporter sono convinti che la caccia all’immigrato clandestino, se viene condotta in modo indiscriminato, rende più difficile punire i veri criminali; perché gli stranieri che sono vittime delle gang hanno ancora più paura di denunciarle, viso che corrono il rischio di auto-denunciarsi come clandestini ed essere espulsi. Ma tant’è, quel titolo così esplicito con l’etichetta etnica a ne sembra anche il segno di un ripensamento. Gli eccessi del politically correct hanno regalato alla destra e a Trump i voti popolari dalle zone d’America più insicure. L’auto censura della stampa liberal ha un sapore insopportabilmente paternalista: dà l’impressione che i giornalisti si arroghino il diritto di decidere che cosa i lettori devono sapere e cosa no. È anche questa una delle ragioni per cui noi giornalisti siamo finiti nel mucchio della casta, circondati da diffidenza, quando abbiamo deciso che toccava a noi “educare il popolo”.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 18 marzo 2017

Lo Sapevate Che: La demagogia non è carisma...



Sono andato a leggere sull’Enciclopedia Treccani come viene definita la parola carisma e ne sono rimasto alquanto stupito: è un dono del Signore che comincia addirittura cool battesimo, è la grazia che tutte le anime ricevono. Se poi lo utilizzano rientra nel loro libero arbitrio; un esempio di carisma è l’apostolato religioso o laico, in favore dei poveri, degli esclusi, degli ammalati. Insomma le persone che ne sono dotate non possono che esercitarlo in favore degli altri. La definizione concerne anche le attività di governo e quindi il potere che l’azione di governo comporta. Lo si può esercitare senza carisma, e in quel caso basta un governo mediocre, burocratico e incapace di suscitare i sentimenti nobili, non solo di un singolo ma d’una massa d’individui che giudicano per il bene della comunità cui appartengono. La sintesi di tutto ciò è la capacità di un individuo d’avere un fascino che convince gli altri a seguirlo a fin di bene. Se viceversa quel fascino viene esercitato soltanto a proprio vantaggio, allora non si chiama più carisma ma soltanto suggestione, demagogia, seduzione. Il seduttore non ha nulla di carismatico, è un affascinante bugiardo. Ho riportato qui la definizione enciclopedica alla quale allego una considerazione: è impossibile comprendere subito e quindi distiguere il fascino carismatico dalla seduzione a proprio vantaggio. Dipende dalle opere e dalla loro finalità. Sarà quindi poi la storia a distinguere il carismatico dal seduttore. Noi sappiamo per esempio che Mussolini intervenne con il suo fascino per il bene proprio, che però portò l’Italia al disastro e a seicentomila morti. Ma le capacità seduttive le chiamavamo carismatiche. Del resto è sempre così e anche il significato religioso del termine si presta all’equivoco: gioca a vantaggio del proprio Dio e del prossimo ma quella è una soddisfazione del proprio Io che è il vero soggetto della comune vicenda. E’ interessante a questo punto porsi la domanda di chi siano oggi le persone di governo dotate di carisma. Il primo nome che ti viene in mente, purtroppo e Beppe Grillo, affascina milioni di persone che se ragionassero lucidamente lo manderebbero, come si dice, a quel paese e invece non lo fanno. Un’altra persona dotata di carisma fu Bettino Craxi: lavorava per il socialismo democratico ma anche (soprattutto) per sé e per accentuare il suo potere. Un altro ancora fu Enrico Berlinguer, ma nel suo caso il risultato di quel lavoro lo portò alla morte per l’intensità con il quale lo svolse. Oggi, a parte Grillo e il suo fascino comico, Matteo Renzi è certamente dotato di carisma che è possibile dividere in due distinti sentimenti: uno a favore della positiva governabilità e l’altro la soddisfazione che il potere dà al suo io. Gentiloni è un caso diverso, sta governando bene, sia pure in una situazione precaria e difficile, ma non possiede carisma. Ora voglio fare un altro esempio d’una persona di grande carisma e d’un pressoché totale disinteresse per se stesso. Si chiama Roberto Benigni. Sono amico suo e questa amicizia me lo ha fatto conoscere nel suo intimo, nei suoi comportamenti e sentimenti. Benigni il carisma ce l’ha, comico, la sua popolarità è grandiosa.  Non parlo di popolarità nel senso di notorietà ma nel senso di satira, che lui non fa molto per alimentare ma che è grandissima. Quando entra in un qualsiasi negozio o trattoria o teatro o in qualunque strada di qualunque città italiana, la gente che lo vede e lo riconosce, fa qualsiasi cosa per attirare la sua attenzione. Benigni, figlio di contadini, ha un’eccellente cultura, ha letto e legge libri di saggistica e di filosofia moderni e antichi perfino antichissimi. Una cultura che nulla ha a che fare con la sua popolarità e tanto meno con la sua attività di comico. Infatti siamo in pochi a conoscere la sua cultura, poiché non la esibisce mai. Mi è capitato più volte di dirgli che se in Italia il presidente della Repubblica fosse eletto dal popolo secondo me, lui vincerebbe ed eserciterebbe molto bene il suo mandato. Concludo in due modi. Difficilmente si trova una parola che abbia significati non contrastanti. E l’ho già detto: è il nostro Io che determina e fa la differenza fra ciascuna persona e l’altra. E così sia.
Eugenio Scalfari – Il vetro soffiato – L’Espresso – 26 marzo 2017 -