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sabato 21 gennaio 2017

Lo Sapevate Che: L'Arte della convivenza Ciad tra scioperi generali e militari armati...



Ça va?, ça va et toi? Ça va, ça va. Ho sempre invidiato la capacità dei francofoni di tutto il mondo di sostenere conversazioni di minuti soltanto usando ça va. Come domanda, come risposta, come intercalare, infine come opinione. Quando Doctor Dingaonarbe, ricercatore universitario dell’Università di N’Djamena, Ciad (specializzato nel Principe di Machiavelli) interrompe lo scambio di cortesie con un irrituale quanto perentorio ça ne va pas, nella sabbiosa capitale ciadiana, negli studi di una radio dove vengo ad incontrarlo, non è più tempo di perdere tempo. Insegnanti, medici e tribunali sono in sciopero generale da tre mesi. Il Paese ha scuole chiuse e ospedali che non garantiscono più nemmeno i servizi di base. I salari vengono pagati col contagocce, e più va avanti lo sciopero più si inasprisce la posizione del governo. Che è lo stesso da 26 anni, guidato da Idriss Deby. “Socrate diceva che perché ci sia democrazia deve esserci alternanza. Qui in Ciad non c’è democrazia. Non si può nemmeno manifestare. Ma è arrivato il momento di stare uniti e resistere. Alla fine vinceremo”, sentenzia Dingaonarbe. Cinque giorni in Ciad sono niente per fare analisi, ma tanti militari armati tutti insieme in tempo di “pace” non li avevo visti mai. Non si entra in palazzi o locali pubblici senza venire sistematicamente perquisiti. Uno specchio viene passato sotto le macchine per escludere la presenza di ordigni. Quella che si sta combattendo è la guerra contro Boko Haram (che anche in Ciad ha colpito mortalmente più volte) Insieme al calo del prezzo del petrolio sarebbe la “sicurezza” la causa principale della crisi economica di un Paese che conta 400mila rifugiati provenienti soprattutto da Sudan, Centroafrica, Nigeria e Congo (numero in costante aumento che non comprende i 200 mila sfollati interni) su 13 milioni di abitanti (l’Europa non riesce a gestirne 1 milione su oltre 500 milioni di abitati). L’Unhcr cerca di facilitare la vita a chi in Europa, comunque, difficilmente arriverà. I ciadiani, nonostante la crisi, non sono ancora arrivati ad urlare “il Ciad ai ciadiani”, tanto irrilevante è il senso culturale delle frontiere (ora quasi totalmente chiuse) da queste parti, dove tutto si mischia da sempre a prescindere dai confini dati, che sia terrorismo o accoglienza, conflitto o solidarietà. Viaggiare, è la cosa nota, aiuta ad apprezzare ciò che si ha e ad imparare la difficile arte della convivenza proprio laddove la si penserebbe più difficile.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 13 Gennaio 2017

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